Il continente digitale, nuova frontiera missionaria

Il Sinodo ha creato un posto per il “sesto continente”, quello digitale. Come abitare i nuovi media e come incidervi positivamente? Ne abbiamo parlato con Massimiliano Padula, docente di Scienze della comunicazione sociale alla Pontificia Università Lateranense.

di Vittoria Terenzi

Papa Francesco, in apertura dei lavori dell’Assemblea sinodale 2023, ha chiesto agli operatori della stampa «un certo digiuno della parola pubblica» per favorire una comunicazione diversa, che faccia comprendere che nel Sinodo «più che la priorità del parlare c’è la priorità dell’ascolto». A suo parere, questo richiamo ha prodotto un cambiamento nella comunicazione? È stata un’occasione per richiamare a una corretta informazione?

Papa Francesco ha una idea ben precisa dei criteri che dovrebbero caratterizzare la buona comunicazione. L’ha esplicitata durante questi anni di pontificato, sia nei messaggi per le Giornate mondiali delle comunicazioni sociali, sia nei documenti magisteriali che spesso dedicano diversi passaggi al tema. Mi piace richiamare, a questo proposito, il testo di una relazione che Jorge Mario Bergoglio, allora cardinale di Buenos Aires, tenne il 10 ottobre 2002 in occasione del Terzo Congresso dei comunicatori organizzato dalla Conferenza episcopale argentina. Il focus della riflessione ruotava intorno alla categoria della «projimidad», intesa come l’azione di «aproximarse bien» (avvicinarsi bene) per comunicare la bellezza della carità nella verità. Bergoglio però metteva in guardia anche dall’«avvinarci male», evidenziando come un uso irresponsabile dei media possa manipolare e oscurare la realtà, sfigurandola, denigrandola e creando disarmonia. Il Sinodo è stato uno straordinario esercizio di prossimità basato sulla «priorità dell’ascolto». Di riflesso, anche la sua comunicazione è stata chiamata opportunamente a ribilanciare le proprie istanze. Questo non ha significato certamente fare un passo indietro, anzi è stata un’opportunità per i giornalisti di essere coinvolti fattivamente in un processo – quello sinodale – che sarà decisivo per la chiesa del futuro.

Nell’assise sinodale si è parlato del «sesto continente», quello digitale e la Relazione finale dedica ad esso un paragrafo (par. n. 17). Esso, si dice, è un ambito della missione e si parla di «nuova frontiera missionaria digitale». In che modo, secondo lei, si può abitare il continente digitale e trovare «nuove forme di esercizio della missione»?

Nella relazione finale si ribadisce che «la cultura digitale non è distinta della missione», ma rappresenta «una dimensione cruciale della testimonianza della Chiesa nella cultura contemporanea». Essere missionario vuol dire esserlo sempre, indipendente dai luoghi e dagli spazi di azione. Il missionario si incarna nel mondo e contribuisce, con la sua testimonianza e le sue opere, a concretizzare la missio dei. Si tratta di un processo dinamico il cui fine è raggiungere l’altro per colorarlo della bellezza di Dio. Questo dinamismo può e deve traslarsi anche nel continente digitale, ma questo dipenderà sempre più da noi. I territori online, infatti, non sono altro che proiezioni della nostra umanità creata e creativa. Narrarsi e rappresentarsi in modo autentico è quindi il compito a cui ogni cristiano è chiamato.

Nella Relazione si parla anche del problema del bullismo, della dipendenza, che entrano nella vita delle famiglie e dei ragazzi attraverso l’uso di internet. In che modo si possono aiutare le famiglie a trovare, nello spazio online, un luogo sicuro che costituisca una esperienza di crescita per i ragazzi?

Recentemente io e la sociologa Mihaela Gavrila abbiamo scritto un libro pubblicato dall’editore Egea dal titolo «Il futuro al centro» in cui esploriamo il legame tra media e minori anche nei termini di rischi e derive come il bullismo e la dipendenza. Un focus è stato dedicato alla necessità di andare oltre le logiche del mero divieto di utilizzo dei device, preferendo investire su una cultura digitale condivisa in grado di dare ai genitori strumenti, competenze e sensibilità utili per accompagnare i propri figli a discernere, selezionare e valorizzarsi anche negli spazi online.

Nel documento si auspica la formazione di una rete di influencer che promuovano i valori della dignità della persona, della giustizia e della cura della casa comune. Come fare?

La proposta di creare reti collaborative di influencer cattolici, di altre religioni o atei è certamente interessante. Anche se io credo che ciascuno può testimoniare istanze di bene al di là di un’etichetta specifica e di un determinato numero di like. In un mondo complesso e caotico come quello di oggi, è necessario passare da una logica del gruppo circoscritto a un agire trasversale, libero, universale. In una parola: cattolico.

Quest’anno ricorrono i 60 anni dalla promulgazione del Decreto conciliare Inter Mirifica. Qual è la sua attualità?

È l’obiettivo del convegno organizzato dalle Università Santa Croce, Lateranense e Salesiana, il 7, 8 e 9 novembre 2023 in occasione dei 60 anni dalla promulgazione del Decreto conciliare. L’Inter Mirifica ha avuto il merito di avviare un processo che continua nel tempo. E, per usare le parole di Papa Francesco, «Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia». In questo senso, è stato (e continuerà ad essere) uno straordinario strumento di missione perché, attraverso l’apertura ai media, favorisce due processi di umanizzazione: la diffusione del messaggio evangelico e un retto uso degli strumenti per la promozione umana.

(articolo tratto da Terra e missione)