L’Ecuador è tra i paesi sudamericani più colpiti dal Covid-19, soprattutto nella regione di Guayas, attorno a Guayaquil, la seconda città del paese, il grande porto sull’oceano Pacifico. Nella città di Duran, che con Guayaquil forma un’unica grande area metropolitana, vivono i missionari di Padova. Da don Saverio Turato, fidei donum di Padova, il 4 aprile scorso abbiamo ricevuto questa testimonianza.
“Desidero raccontarti come siamo arrivati al terribile focolaio divampato nella regione del Guayas in cui viviamo (Duran, dove vivono i missionari padovani, si trova nella provincia di Guayas, ndr). Le notizie che rimbalzano da fuori sono un buon feedback di ciò che succede in casa dal momento che la stampa locale non ne vuole parlarne con trasparenza e onestà. Solo nelle ultime ore il presidente della Repubblica Moreno Garcés ha dichiarato che la realtà è molto diversa dai dati trasmessi dal COE (Commissione di Operazioni di Emergenza), ovvero, i decessi non sono 172 ma probabilmente dieci volte tanto… se non di più. Ieri sera una nostra parrocchiana, figlia di un signore deceduto per le conseguenze del virus, mi confermava che nell’ora della sepoltura di suo papà ci saranno stati almeno 50 cadaveri in attesa, e il video che mi ha mandato lo dimostra. Stiamo parlando di un cimitero di Duràn, alle porte dell’infuocata Guayaquil. Negli altri cimiteri si vede lo stesso scenario di guerra. Pure le strade si trasformano in inceneritori di cadaveri dal momento che i servizi funebri sono andati in tilt per le numerose richieste o per lo sciacallaggio ai danni dei più poveri che non hanno le possibilità economiche per pagare o corrompere i funzionari (in)competenti. “
Siamo alle solite…
Siamo sempre alle solite: corruzione, mediocrità, irresponsabilità di chi è andato al potere non per le capacità politico-amministrative ma per il voto di chi si è accontentato di riempirsi la pancia con la formula populista “panino- coca cola – maglietta” ed eventualmente con la promessa di un buon posticino in municipio. Il sistema sanitario è molto diverso da quello italiano: qui è tutto privatizzato, se hai i soldi o una buona assicurazione hai accesso alle cliniche private, altrimenti sei condannato ad aspettare gli interminabili turni del seguro social (assicurazione comune di tutti coloro che sono sotto contratto lavorativo) o peggio ancora degli ospedali pubblici. Purtroppo durante questa emergenza nessuno apre le porte a chi ha i sintomi del covid-19 per l’incapacità di assolvere al protocollo dei contagiati. Veramente la struttura sanitaria è al collasso!
Allarme sottovalutato
Probabilmente siamo arrivati a tale incendio per aver sottovalutato le prime avvisaglie risalenti all’ultima settimana di febbraio. Qualche intermittente allarme si ascoltava dai telegiornali ma con maggiore preoccupazione si guardava all’Italia senza prendere le adeguate misure di sicurezza in casa propria. Dopo un fittizio silenzio di un paio di settimane le scintille hanno appiccato un tremendo focolaio proprio nella città di Guayaquil. Dalla sera del sabato 14 di marzo le chiese sono chiuse, dal pomeriggio fino all’alba del giorno seguente vige il coprifuoco (assolutamente nessuno in strada). La mattina sono aperte solo le attività commerciali di prima necessità. Quando rimarranno le ceneri di questo inaspettato e indesiderato fuoco nemico dovremo preparare la terra per una nuova stagione. Tutti. Aiutiamoci ma soprattutto aiutiamo chi non ce la farà a risollevarsi da solo. Intanto ci auguriamo una buona e Santa Settimana. Dio ci benedica e ci protegga.
don Saverio Turato