Se il Nobel per la pace divide anziché unire

Un controverso Nobel per la Pace

Il 10 ottobre scorso a Oslo è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace a Maria Corina Machado, politica e attivista venezuelana per i diritti umani, leader del partito liberale “Vente Venezuela”, che si oppone al governo di Nicolas Maduro.

Una paladina della pace coraggiosa e impegnata – ha motivato Jørgen Watne Frydnes, presidente del Comitato per il Nobel – Una donna che tiene accesa la fiamma della democrazia tra crescente oscurità. Uno dei più straordinari esempi di coraggio civile in America Latina negli ultimi tempi”.

E ancora: “La signora Machado è stata una figura chiave e unificante in un’opposizione politica che un tempo era profondamente divisa. Un’opposizione che ha trovato un terreno comune nella richiesta di elezioni libere e di governo rappresentativo”.

Accolta la notizia con sorpresa, María Corina Machado ha dedicato il prestigioso premio a Trump e un paio di giorni dopo la sua proclamazione ha telefonato al presidente israeliano Netanyahu, congratulandosi per la gestione della guerra.

Hugo Chavez in un murales venezuelano

Chi è Maria Corina Machado

Nata a Caracas il 7 ottobre 1967, Machado, 58 anni, ha sempre ambito alla guida politica del Paese sudamericano. È moglie di Ricardo Sosa, madre di tre figli e discendente della famiglia aristocratica Tovar.

Machado è stata a lungo legata all’ala della destra più estrema latino-americana: ha appoggiato il tentativo di colpo di Stato del 2002 contro Hugo Chavez e ha firmato il “decreto Carmona”, che tentò di sciogliere il Parlamento, la Costituzione e la Corte suprema venezuelana. Politica e attivista per i diritti umani, è stata deputata all’Assemblea nazionale dal 2011 al 2014, quando chiese pubblicamente un intervento militare in Venezuela; mentre nel 2019 ha sostenuto un altro tentativo golpista.

Candidata alle presidenziali del 2024, ma esclusa dalla competizione dal governo di Caracas, la Machado in quell’occasione si era fatta da parte indicando il suo sostituto nella figura dell’ex-diplomatico Edmundo González Urrutia. In seguito ha fondato il partito politico liberale Vente Venezuela.

Insignita del Premio Sacharov 2024 per la libertà di pensiero dal Parlamento europeo, vive da dodici mesi nascosta: nonostante le gravi minacce alla sua vita, è voluta rimanere infatti nel Paese sudamericano.

Oggi Machado – si legge su Wired – incarna la visione neoliberista e anticomunista che l’avvicina ai presidenti Javier Milei e Jair Bolsonaro, è favorevole alle privatizzazioni totali, all’apertura indiscriminata al capitale straniero e alla resa dei conti con i socialisti”.

Paladina della democrazia

In molti appoggiano la scelta di Machado per il Nobel, in particolare perché così facendo si pone l’attenzione sul Venezuela, che sta vivendo una crisi profonda nella politica e nella democrazia. In questo senso il premio accende i riflettori sul rispetto dei diritti umani.

Oscar Murillo, coordinatore generale dell’ong Provea (Programma venezuelano di educazione e azione per i diritti umani) spiega: “Questo è un riconoscimento al coraggio civico di fronte alla repressione e alla criminalizzazione che viviamo in Venezuela. Tra persecuzioni, interdizione e clandestinità forzata, il riconoscimento alla signora Machado rappresenta il desiderio collettivo di un Paese che continua a scommettere su una transizione democratica. Il Premio Nobel per la pace assegnato a una donna venezuelana perseguitata per aver esercitato i propri diritti politici invia un messaggio chiaro: la lotta non violenta per la democrazia è fondamentale e merita protezione. Questo riconoscimento contribuisce anche a rendere visibile la sofferenza di migliaia di persone detenute e perseguitate per motivi politici nel Paese”.

Scrive Roberto Saviano sul Corriere della Sera: “Premiare Machado è una decisione di coraggio nei confronti di una donna che ha scelto ostinatamente la pratica elettorale – l’osservazione, la misurazione e la valutazione delle libere elezioni – è questo il suo impegno principale. Motivo per cui oggi è costretta a vivere nascosta, letteralmente, nel suo Paese. Non condivido la visione politica liberal-conservatrice di Machado ma ammiro il suo ostinato impegno a difesa della possibilità di votare”.

A favore del dispiegamento militare

Coloro che non approvano il riconoscimento alla Machado criticano in particolare la sua idea a proposito dell’uso delle armi per sostenere la democrazia. “Resta l’incognita – si legge nell’Avvenire – può il premio Nobel per la pace sostenere l’uso della forza come strumento di risoluzione delle controversie?” Sembra essere proprio questo il nocciolo della questione.

La vicinanza della Machado a Trump non aiuta, soprattutto in un momento storico in cui tra i due Paesi c’è una grande tensione. La Machado si è dichiarata a favore del massiccio dispiegamento militare degli Stati Uniti nei Caraibi, che minaccia possibili operazioni contro Caracas, come quella al largo della costa venezuelana dove vengono affondate le navi accusate di contribuire al narcotraffico. L’ultimo attacco in questo senso è avvenuto il 14 ottobre scorso e ha visto l’uccisione delle 6 persone a bordo dell’imbarcazione. “Manca poco perché i venezuelani recuperino la propria sovranità, libertà e democrazia – ha detto Machado a questo proposito – Siamo pronti ad assumere le redini di un nuovo governo”.

Insomma, il riconoscimento negato a Trump, con la scelta di Machado, diventa comunque utile agli scopi del Presidente Usa nel fronte Sud e rischia di mettere ancora più pressione sul regime del Venezuela avvolto da una crisi disastrosa. In questo senso il Nobel per la Pace potrebbe paradossalmente acuire un conflitto, anziché placarlo.

A cura di Elena Cogo