Dal 31 gennaio al 5 febbraio Papa Francesco svolgerà il 40° viaggio del suo pontificato e primo dell’anno 2023 in Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. Un viaggio rimandato a causa dei problemi di salute del Santo Padre, ma non cancellato dall’agenda. Francesco è il primo pontefice che torna nella R.D.C. in visita dopo 37 anni dall’ultimo viaggio di Papa Giovanni Paolo II. Due principalmente i temi che il Papa desidera toccare e portare come messaggio in queste terre: la pace in queste parti di mondo colpite e sconvolte da violenze, attacchi terroristici, carestie e sfollamenti, e rafforzare la preghiera e il dialogo ecumenico. Proprio in riferimento a questo ultimo tema è importante sottolineare che Francesco sarà raggiunto a Juba (capitale del Sud Sudan) dal primate della Chiesa anglicana Welby e dal moderatore della Chiesa di Scozia Greenshields. Proprio con loro verrà svolta la preghiera ecumenica nella capitale sud sudanese. Dopo la messa a Kinshasa e l’incontro con le vittime della parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, il Papa si trasferirà in Sud Sudan dove incontrerà anche il Presidente Salva Kiir (già incontrato a Casa Santa Marta nel 2018, quando il Papa colpì il mondo intero con il suo gesto di inginocchiarsi e baciare i piedi dei politici come supplica di pace), per poi incontrare gli sfollati interni del paese.
Legato proprio a questo ultimo tema mettiamo in evidenza un articolo della rivista Popoli e Missione che fa riferimento ad un webinar per lanciare una nuova campagna della Caritas ‘Africa, fame di giustizia’, dove si vuole mettere in luce la grave carestia che sta colpendo l’Africa Orientale. A questo incontro on-line sono intervenuti anche Padre Christian Carlassare, vescovo di Rumbek e monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Djibouti e amministratore apostolico di Mogadiscio.
Il Sud Sudan, dove il Papa sarà in visita, dal 3 febbraio prossimo dopo aver lasciato la Repubblica Democratica del Congo, non è affatto un Paese pacificato.
Lo ha spiegato ieri il vescovo di Rumbek, il comboniano padre Christian Carlassare, nel corso di un webinar organizzato da Caritas Italiana.
I gruppi armati in Sud Sudan sono «stati messi nella condizione di dover far la pace per non perdere l’occasione del negoziato – ha spiegato Carlassare – ma i problemi rimangono, ci sono molte opposizioni».
La tendenza ed anche «l’abitudine a creare disordine per avere più voce e forza quando si va al tavolo delle trattative», ha aggiunto il missionario comboniano, è un dato di fatto nel Paese.
L’intera trattativa che sta dietro gli accordi di pace, argomenta Carlassare, promuove «ulteriore conflitto perchè un accordo richiede un bilanciamento che non riconosce tutte le posizioni o tutti i gruppi presenti».
E questo mancato riconoscimento genera tensioni e violenze.
Il webinar di Caritas mirava in realtà al lancio di una nuova Campagna di informazione e presa di coscienza della crisi alimentare in atto in tutta l’Africa Orientale, con il lancio di un dossier dal titolo: “Africa, fame di Giustizia”. (clicca qui per scaricare il dossier)
La guerra in Ucraina purtroppo peggiora le cose, dal punto di vista sia alimentare che energetico, ha spiegato il moderatore dell’incontro, Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’area africana per Caritas italiana.
«La situazione più grave al mondo è in Africa Orientale, dipendente per la quasi totalità del suo fabbisogno cerealicolo dall’estero – si legge nel dossier – 1/3 del consumo di cereali è composto da grano, e l’84% dei cereali è importato, di cui 90% da Russia (72%) e Ucraina (18%), con punte del 100% per la Somalia[5], e del 93% del Sudan.
Oltre alla pessima congiuntura mondiale e l’aumento dei prezzi, le principali cause della catastrofe in corso sono la severa siccità, la peggiore degli ultimi 40 anni (5 stagioni consecutive di piogge perse e probabile sesta ) in Etiopia, Kenya e Somalia, le alluvioni in Sud Sudan, i conflitti e la fragilità politica che persistono in Etiopia, Somalia, Sud Sudan».
Durante il webinar è intervenuto anche monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Djibouti e amministratore apostolico di Mogadiscio che ha spiegato come «la Somalia si trovi a fare fronte a due problemi: uno è l’instabilità politica o guerra civile, con il crollo dello Stato somalo tra il ’90 e il ’91», e l’altro è la “ribellione islamista”.
«Che si è aggiunta dal 2008 a tutto il resto: questa ribellione è stata causa di sfollamento e vorrebbe imporre al paese una forma di islam di tipo talebano», ha detto monsignor Bertin.
“La visita di papa Francesco ha una importanza storica: è la prima volta di un papa in Sud Sudan” afferma il vescovo Carlassare. Ma ancora più importante è il fatto che «all’inizio del suo ministero papa Francesco si è ritrovato con il paese più giovane al mondo entrato in un conflitto interno che mostrava e mostra quanto la guerra e la violenza siano una sconfitta per tutti».
«Dopo aver spesso menzionato il Sud Sudan nei suoi discorsi, aver pregato per la riconciliazione ed invitato a Roma i leader politici (che hanno in mano le sorti del paese) – spiega il comboniano – il Papa continua ad avere a cuore le persone, specie quelle più povere, tutti i cittadini che sono stati purtroppo messi da parte dagli interessi di alcuni gruppi».
Al viaggio del papa si aggiungerà quello di Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e del reverendo Iain Greenshields, della Chiesa di Scozia che saranno a Juba per accompagnare la missione di Francesco.
Per il vescovo Carlassare un profondo messaggio di rinnovamento e rinascita sarà di certo indirizzato alla Chiesa locale:
«personalmente – dice – mi aspetto che la visita di Francesco richiami la Chiesa ad essere testimonianza di pace e riconciliazione con più energia, insieme alle altre denominazioni cristiane».
Il Sud Sudan, afferma il missionario, ha bisogno di «una chiesa aperta e non chiusa nel proprio ovile».
Che conduca amorevolmente tutti, «senza lasciarsi conquistare dalle logiche di potere e prestigio che sono del mondo, a servizio dei poveri senza autocelebrazioni».
Carlassare si aspetta «un rinnovamento vero e profondo, che faccia tornare la chiesa all’essenziale del Vangelo, alla santità senza compromessi».
Ad una settimana appena dal grande evento «la capitale del Paese, Juba, con entusiasmo si prepara con addobbi, manifesti e fiori – si legge sul sito del World Council of Churches – Le strade e le chiese sono state rimesse a posto per l’occasione, e circolano già le magliette con le immagini dei leader religiosi», quella del Papa anzitutto.
La diocesi di Rumbek ha organizzato un pellegrinaggio per l’occasione, che partirà mercoledì 25 gennaio con una cinquantina di giovani.
«Faremo nove tappe in nove comunità cristiane lungo la via e sarà una occasione di animazione per passare il messaggio di comunione e di speranza che porta il pontefice.
Saranno tappe a piedi da circa 20 km al giorno, il resto lo copriremo con i mezzi», spiega ancora padre Christian.
«I 50 giovani vengono da parrocchie diverse e quindi sarà un segno di unità, non così naturale perché i diversi clan vivono in ostilità per cui il riunirsi insieme non è scontato.
Fra i giovani ci sarà anche una rappresentanza protestante: sarà un pellegrinaggio di pace ecumenico a tutti gli effetti.
Arriveremo a Juba il 2 febbraio e lì anche noi accoglieremo Papa Francesco».