Caracaraí – (Roraima – Amazzonia)
Dall’uno al quindici ottobre un’equipe missionaria ha visitato le comunità ribeirinhas (del fiume) della regione del “Baixo Rio Branco”. Io (padre Benedetto), due seminaristi, 2 religiose e 3 laiche missionarie, 1 bambino di 5 anni (figlio di una missionaria), abbiamo voluto incontrare alcuni di questi villaggi lontani, per conoscere la situazione attuale dopo più di 6 mesi dall’inizio ufficiale dello stato di “Pandemia” dichiarato nello stato di Roraima. Abbiamo fatto del “barco” parrocchiale la nostra casa e viaggiato per incontrare i lider delle comunità, e fare insieme un “discernimento” sulla vita e la missione in queste terre, vere periferie geografiche e esistenziali della nostra diocesi amazzonica.
Prima di partire, é stato utile riunirci, come missionari, per 3 giorni nella casa parrocchiale di Caracaraí e fare insieme uno studio della enciclica “querida Amazônia” di Papa Francesco, per confermare il nostro stile di visita e missione attento ai sogni del nostro papa.
Abbiamo incontrato una situazione difficile. Tutte le comunità hanno avuto casi di contaminazione; in alcune, si è manifestata come una epidemia generale, toccando tutti gli abitanti. L’equipe sentinella che andava a fare i controlli aveva solo un numero limitato di “test rapidi” e riportava al “centro” solo questi dati. La mancanza di medicine ufficiali (le infermerie delle comunità continuano ad essere senza i farmaci più importanti) ha provocato la ricerca e utilizzo della medicina tradizionale che sfruttando proprie di erbe e cortecce normalmente usate per combattere altre virosi, ha dato buoni risultati. Sono morte 4 persone in tutta la regione, tra cui un pastore evangelico, lider storico di una comunità, e 2 padri di famiglia anziani. I villaggi sono riusciti a mantenere l’isolamento comunitario preventivo solo per 2 mesi, dopo questo tempo, le necessità di sopravvivenza legate al commercio con le città vicine come Manaus, Barcelos, Novo Airão e Caracaraí, hanno aperto le porte anche al virus.
Con la Caritas diocesana, già da qualche mese, abbiamo inviato aiuti di alimenti e kit di protezione (maschera e alcool) alle infermerie locali, per la distribuzione alle famiglie e persone più fragili, ma, senza un accompagnamento continuo, non sembrano più lo strumento più efficace (anche perché in epoca di campagna politica, anche il governatore, due mesi dopo di noi, ha portato ceste basiche per tutte le famiglie).
Quello che preoccupa di più, in questo momento, è che tutti pensano che la pandemia sia finita e organizzano tornei di calcio chiamando tutte le comunità della regione, come dimostrazione che “l’epoca turistica può ricominciare senza rischio” e per permettere ai candidati politici di presentarsi per le elezioni, “comprando” voti in cambio di promesse impossibili.
…ma anche nei pochi giorni che eravamo lì 2 persone sono state trasferite in emergenza all’ospedale più vicino e sono morte per Covid-19.(!)
Pastoralmente, abbiamo incontrato i coordinatori della Chiesa cattolica, bloccati, un po’ sfiduciati, fermati dalla “emergenza Pandemia” nel cammino pastorale, e a passi lenti nella motivazione… molti abitanti e famiglie responsabili stavano viaggiando… le scuole continuano chiuse probabilmente fino alla fine dell’anno.
La nostra presenza di sicuro ha fatto bene a tutti gli abitanti di questi villaggi lontani (almeno ai pochi che siamo riusciti a visitare), ma é stata molto rapida per colpa del tempo e della stagione (nel mese di ottobre il livello del fiume incomincia a scendere rapidamente e il barco poteva correre il pericolo di rimanere incagliato). E si apre la necessità urgente di ripensare lo “stile missionario” in questa regione. Riconosciamo che le visite sporadiche di poche volte all’anno non rispondono ai bisogni umani e pastorali di queste famiglie di origine indigena. L’equipe diocesana che ha partecipato a questa esperienza sta contribuendo a una riflessione generale, per pensare ad una presenza stabile di un gruppo pastorale che possa passare più tempo là, entrando nella quotidianità delle sfide sociali e pastorali che emergono. Un sacerdote di Caracaraí rimane come coordinatore, contando con l’appoggio di religiosi/e, laici che potrebbero entrare nel mondo della scuola… e sfruttando case di appoggio e imbarcazioni più rapide e leggere per potersi spostare e incontrare le comunità anche nell’epoca più secca.
Domani, venerdì 23 ottobre, avremo una riunione con il Vescovo e l’equipe di discernimento sulla pastorale del fiume, per fare passi in avanti su questa “conversione” pastorale necessaria e urgente.
Don Benedetto Zampieri