Mission

1. Ascoltare e scoprire lo Spirito che sempre ci precede

Riscopriamo che lo Spirito ci precede in mille modi e situazioni concrete rinnovando e animando la nostra esperienza di Chiesa per il servizio del Regno di Dio inaugurato da Gesù.

2. Riaffermare che la dimensione missionaria è costitutiva dell’essere chiesa

Per questo confermiamo l’impegno missionario diffuso (in Kenya, Ecuador, Brasile, Thailandia, ma anche nelle comunità di fratelli immigrati e nelle nostre parrocchie impegnate nella nuova evangelizzazione…) e ci sentiamo chiamati a diffonderlo sempre più perché «la fede si rafforza donandola» (Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio, 2).

3. Richiamare l’urgenza della testimonianza, del dialogo e dell’annuncio

Uno dei fondamenti della missione è la testimonianza, sia personale che comunitaria. È la testimonianza della vita nuova in Cristo e della speranza che anima il credente ed è la testimonianza dell’amore e della carità, massima rivelazione di Dio, comprensibile a tutti e di un valore missionario incalcolabile. L’esperienza di questi giorni ci ha permesso di riconoscere che il dialogo e il confronto sono lo stile e il metodo che ci fa essere chiesa nell’incontro con gli altri: così come Gesù con i discepoli di Emmaus si è affiancato, ha condiviso le preoccupazioni e il cammino. Insieme al dialogo non possiamo poi tacere l’annuncio di gioia del vangelo, della buona notizia di Gesù Cristo morto e risorto, annuncio di pace, di riconciliazione, di speranza. Ci sembra che in questo cambio di contesto sociale e culturale, sia particolarmente attuale il paradigma ecumenico della missione di cui ci parlava mons. Sartori nel Giubileo dei missionari del 2000 (citando David Bosch): «missione come chiesa con gli altri, non contro gli altri», dove negli altri riconosciamo tutta l’umanità in cui i «raggi di verità divina» sono già presenti. Si sta delineando un’idea di missione che, al di là dell’azione di convertire i popoli in terre lontane, si riconosce nella vicinanza, nell’inter gentes, nel dialogo ecumenico e interreligioso, con la passione che viene dal condividere il dono della fede e il disegno di salvezza di Dio, di «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose» (Ef.1,10).

4. Riconoscere che più s’investe nell’universale, più si cresce nel locale

Ci accorgiamo, alla luce dell’esperienza di scambio fra chiese, che non sono solo gli altri ad avere bisogno di noi, ma anche noi abbiamo bisogno della missione: l’esperienza missionaria ci sana, ci fa «crescere nell’universalità e nella cattolicità» (cfr. Nota pastorale della CEI dopo il convegno di VR 2006, n.9). Questo ci sprona a mantenere un numero significativo di invii di sacerdoti e laici, anche se il numero delle forze disponibili sembra diminuire. Alcune esperienze che portiamo come dono dalla pastorale delle comunità in missione, possono aiutare le nostre comunità in diocesi: i cammini di Iniziazione cristiana, la lettura popolare della Bibbia, l’esperienza delle Piccole Comunità Cristiane/Comunità Ecclesiali di Base, la corresponsabilità e l’esercizio dei ministeri laicali…

5. Lavorare per un “Progetto pastorale missionario”

Papa Francesco ci chiede di mettere in “stato di missione” le nostre chiese locali: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa” (EG n. 27).

Al Convegno di Firenze ha fatto appello a tutte le chiese particolari d’Italia e ha invitato tutti i vescovi presenti ad approfondire e lavorare  sull’Evangelii Gaudium dicendo:  Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avrete individuato in questo convegno.” (10 novembre al V convegno nazionale di Firenze)

Ora, in ascolto dell’esperienza fidei donum, in comunione con gli Orientamenti pastorali della nostra diocesi e con il cammino della chiesa universale, ci sembra importante aver presenti alcuni “criteri guida” nel lavoro di discernimento comune con gli organismi di partecipazione pastorale, vicariali e diocesani per l’impegno missionario:

  • Entrare a piedi scalzi con rispetto, sobrietà e gradualità nelle realtà, in ascolto delle chiese locali e del territorio;
  • Continuare l’impegno di cooperazione missionaria tra Chiese: è il volto della missione che da più di 50 anni la nostra Chiesa di Padova ha vissuto con varie chiese locali dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia. Nuove attenzioni e impegni sono da mettere in atto;
  • Favorire la nascita di un “Progetto pastorale missionario”  diocesano, condiviso e trasversale;
  • Promuovere “presenze missionarie” comunitarie, non di singoli: un gruppo di preti e laici, inviati a nome della chiesa, anche in progetti inter-diocesani;
  • Dare preferenza per le periferie e i contesti di povertà;
  • Continuare a sostenere e a investire sulla formazione missionaria e sulla cura dei cammini specifici per l’invio.