Missiofficina: tre giorni per interrogarsi su come vivere la missione nel proprio quotidiano

Missiofficina è un gruppo di giovani che, dopo un’esperienza di viaggio in missione, desiderano restare in contatto il Centro Missionario di Padova per interrogarsi insieme su cosa significhi vivere missione qui ed ora, nel proprio quotidiano, nelle proprie scelte di studio e lavoro.

Una rappresentanza di questo gruppo e quattro volontari di Popoli Insieme, Servizio dei Gesuiti dei Rifugiati a Padova, ha scelto di dedicare tre giorni della propria estate alla scoperta del mondo di Villa Sant’Ignazio. Si è trattato innanzitutto di sedersi e sintonizzarsi: come stiamo? Come decliniamo il nostro desiderio di essere comunità? Di andare a vedere altri, altre esperienze, altre culture di accoglienza e di impegno? Come ci sottraiamo ad un sistema ingiusto, diseguale, frettoloso e performante, incapace di mettersi in ascolto? Come ci mettiamo di traverso per essere un esempio di transito, di passaggio? Ascoltando la complessa diversità dentro alle mure di Villa Sant’Ignazio si è provato a coltivare uno sguardo trasversale, capace di essere creativo, non schiacciato sul presente, aperto alla conflittualità e all’emersione dei limiti per saper andare davvero verso gli altri.

C’è stato quindi l’incontro con Marco ed Ornella per conoscere la realtà di accoglienza di Villa; le chiacchiere con Maria per scoprire la rete delle comunità accoglienti del CNCA; la serata con Marta e Chiara, che dal loro desiderio di viaggiare si sono trasformate in operatrici al servizio dei rifugiati… Il giorno successivo Pina del L.E.D., Laboratorio di Educazione al Dialogo, ha guidato in un’attività sulla gestione dei conflitti. Questa parola drammatica fa pensare a Gaza e all’Ucraina, ai conflitti dimenticati in Congo e in Sudan… Ma si è partiti dallo stare di fronte a se stessi e di fronte al gruppo, alle esperienze personali per provare a riflettere sul conflitto, per capirlo, per analizzare le componenti che lo costituiscono e quello che può essere il ruolo generativo di ciascuno nell’affrontarlo.

La sera prima di una visita a Trento, c’è stata l’accoglienza e la cena a Casa Orlando: carica di speranza scoprire la figura degli HoPe,(Homeless Peer), ex senzatetto che ora mettono la loro storia a disposizione di chi vive la stessa difficoltà. E per concludere la tre giorni, ospiti nei giardini del Vescovo Lauro, il gruppo ha incontrato Christian della Caritas e Chiara, appena tornata dopo un anno di missione con il Mato Grosso in Perù. Dalla loro esperienza emerge con forza la necessità di esercitarsi a leggere i contesti: la mia interiorità con le sue emozioni, i suoi desideri, le aspettative di cui ci riempiamo la testa e il cuore; ma poi per poter scegliere è importante anche saper leggere il contesto in cui viviamo, in cui concepiamo l’idea di poterci dedicare ad un territorio, alle comunità che abitiamo, agli altri partendo davvero da loro e dai loro bisogni.

Come ci rendiamo protagonisti di un comune processo di liberazione da pregiudizi, preconcetti, catene e blocchi autoinflitti? Rispondere piano piano a questa domanda è un bell’impegno per l’anno 2024-25.