(Fonte Vatican News, 22 agosto 2019, Adriana Masotti e Roberto Artigiani)
In un comunicato la preoccupazione dei vescovi del Consiglio episcopale latinoamericano, Celam. L’Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali brasiliano, responsabile del monitoraggio satellitare delle foreste, riporta che dall’inizio dell’anno sono scoppiati circa 73.000 incendi con un aumento dell’82% rispetto allo scorso anno. Poco più della metà dei roghi avviene in Amazzonia
La più grande foresta del pianeta, quella della Regione amazzonica, brucia a ritmi preoccupanti e i vescovi dell’America Latina sentono il dovere di alzare la voce per richiamare l’attenzione su questo dramma. “Consapevoli dei terribili incendi che consumano grandi porzioni di flora e fauna, in Alaska, Groenlandia, Siberia, Isole Canarie, e in particolare in Amazzonia, noi vescovi dell’America Latina e dei Caraibi desideriamo esprimere la nostra preoccupazione per la gravità di questa tragedia“, si legge in un comunicato a firma della presidenza del Celam, il Consiglio dei vescovi latinoamericani. La speranza dettata dal Sinodo sull’Amazzonia ormai vicino, continuano i presuli, sembra ora offuscata dal dolore per questa tragedia naturale. Esprimono quindi alle popolazioni indigene del territorio amazzonico la loro vicinanza, mentre uniscono la propria voce alla loro per chiedere al mondo solidarietà e pronta attenzione “per fermare questa devastazione”.
La denuncia contenuta nello Strumento di lavoro del Sinodo
Lo Strumento di lavoro del Sinodo sull’Amazzonia, si legge ancora nel comunicato, avverte profeticamente che in questa foresta di vitale importanza per il pianeta, è stata innescata una profonda crisi a causa di un prolungato intervento dell’uomo in cui predominano la ‘cultura della scarto’ e una mentalità che mette al centro l’attività produttiva. “Esortiamo i governi dei Paesi amazzonici, in particolare del Brasile e della Bolivia, le Nazioni Unite e la comunità internazionale ad agire seriamente per salvare il polmone del mondo”, scrivono i vescovi, ricordando che ciò che succede in Amazzonia ha una portata planetaria. “Se l’Amazzonia soffre – concludono – soffre il mondo”.
Roghi alimentati dal clima politico
I dati sugli incendi forniti dall’Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali brasiliano fotografano una realtà allarmante.
Stefano Raimondi dell’ufficio Aree Protette di Legambiente commenta: “La situazione è decisamente peggiorata nel corso dell’ultimo anno. Le fonti che abbiamo riportano un incremento degli incendi in tutto il Brasile di oltre l’83% nella prima parte dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2018. Altre fonti sono anche più allarmistiche, ma sicuramente possiamo dire che a grandi linee gli incendi sono più che raddoppiati. È una situazione preoccupante visto che si tratta di roghi di origine dolosa, alimentati da un clima politico che nega la questione nonostante ci possano essere conseguenze a livello mondiale”.
Una pesante eredità per le prossime generazioni
Riguardo alle conseguenze degli incendi, Raimondi afferma che “da un lato c’è l’effetto immediato dell’emissione nell’atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica che alimenta l’effetto serra; dall’altro c’è il fatto che in prospettiva queste foreste non contribuiranno per decenni all’assorbimento dei gas che concorrono ad alterare il clima. Stiamo perdendo foreste di dimensioni pari a interi Stati europei. Questi enormi danni li pagheranno le prossime generazioni“.
Situazione politica favorevole al disboscamento
Sulla questione dei roghi il presidente del Brasile, Bolsonaro ha chiamato in causa le Ong. Le sue dichiarazioni sono state definite “completamente irresponsabili” dall’Istituto Brasiliano di Protezione Ambientale. Secondo Raimondi “Bolsonaro accusa gli ambientalisti di appiccare gli incendi quando evidentemente la responsabilità è da ricercare altrove” E prosegue: “In Amazzonia i disboscamenti con il fuoco sono sempre avvenuti da parte di allevatori e contadini per ottenere territorio da coltivare o da mettere a disposizione di allevamenti. L’accelerazione degli ultimi mesi si nutre anche dell’attuale clima politico: la scarsa attenzione nei confronti delle tematiche ambientali ha portato molti agricoltori e allevatori, purtroppo anche piccoli, ad accelerare il disboscamento non sapendo quanto durerà questa situazione così favorevole alla sottrazione del territorio amazzonico per scopi meramente produttivi”.