“Comunque qui le campane continuano a suonare”. C’è un labile filo di speranza nelle parole di don Saverio Turato, missionario fidei donum in Ecuador, parroco della chiesa di San Francisco de Asis, nella cittadina di Duran, quando racconta come la sua comunità ecclesiale sta vivendo il tempo doloroso della pandemia. “Siamo – dice- come in una guerra dove ci sono morti e feriti. Le nostre chiese sono aperte ma possono ospitare solo il 30% dei fedeli a causa delle norme anti-assembramento. Però è difficile anche che quel 30% venga riempito: la gente continua ad aver paura e fa fatica ad uscire di casa. Non tenere chiuse le nostre strutture, perlomeno, è un segno d’ottimismo”.
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Crisi di fede e psicologica
I fedeli sono disorientati e la loro situazione spirituale è drammatica, peggiora di giorno in giorno. “Non pensavo – ammette don Turato – di imbattermi in una situazione così. I fedeli hanno problemi spirituali ma anche psicologici, sono in uno stato di shock. Ci sono persone che hanno visto crollare il proprio mondo, non hanno più certezze né punti di riferimento per il presente ed il futuro. Alcuni di loro stanno reagendo aggrappandosi a Dio, al trascendente”. Don Turato, per aiutare i suoi parrocchiani, ha intensificato i colloqui personali e le visite domiciliari ai malati, doppiamente colpiti nel corpo e nello spirito: “Anche loro stanno soffrendo duramente. Molti sono presi dal panico, sono depressi. Noi cerchiamo di sostenerli, per quello che si può”.
Problemi economici anche per la Chiesa
La violenza della pandemia sta facendo aumentare anche i tassi di disoccupazione e genera una netta contrazione dell’economia, una situazione che si ripercuote negativamente anche sui membri dell’intera comunità ecclesiale. “A breve – spiega don Turato – ci sarà un milione e mezzo di disoccupati in più. Il rischio è che il Paese ritorni agli anni in cui la povertà aveva numeri molto alti. La gente, per vivere, sta intaccando i propri risparmi e vende ciò che ha di più caro”. La crisi economica e la poca presenza di fedeli nelle parrocchie hanno fatto diminuire anche la quantità delle offerte, necessarie alla Chiesa locale per finanziare le strutture e aiutare i più deboli. “E’ vero -ammette don Turato – ma grazie a Dio esiste una generosità diffusa di persone che stanno aiutando. Anche quando la nostra parrocchia era chiusa, alcuni mi telefonavano per chiedermi in che modo collaborare per la chiesa. Questa carità mi ha sorpreso tantissimo, è un bel segno di partecipazione”.
Nessuno è stato abbandonato
Durante il confinamento forzato dei mesi scorsi, la preoccupazione dei pastori per la fede del proprio gregge ha dato vita a costanti azioni concrete, delle volte innovative, ricorda don Turato: “Per far vivere al meglio la Settimana Santa, abbiamo utilizzato internet, i social, con l’obiettivo di raggiungere il più grande numero di persone possibile. Poi, l’altra preoccupazione del nostro vescovo è stata quella di sostenere le persone povere nelle aree rurali con aiuti mirati, puntando soprattutto sulle famiglie che vivono nelle palafitte sopra le risaie. Insomma, posso dire che la nostra gente non è stata mai abbandonata. E mai lo sarà”.
Fonte: Vatican News