Qui in Kenya si sono avute le prime avvisaglie della pandemia Venerdì 13/03 e il giorno seguente la temuta notizia era in tutti i quotidiani. Il Presidente ha agito presto, facendo chiudere tutte Scuole e Università e Colleges e limitando gli assembramenti. La Chiesa Cattolica ha tergiversato permettendo le Messe per domenica 15/3 , anche se con qualche accorgimento di cautela come la sospensione del saluto della pace e ordinando la Comunione in mano.
In settimana sono giunte le disposizioni più decise della Conferenza Episcopale del Kenya, con la sospensione di tutte le Messe pubbliche, compresi funerali e matrimoni.
Di fatto all’inizio c’era quasi della incredulità e sospetto visto che c’erano solo tre infetti, tra i quali un Prete Cattolico rientrato da Roma dopo Studi Universitari, asintomatico e che non ha obbedito all’ordine della Quarentena. La consapevolezza che la malattia era seria e pandemica è venuta progressivamente.
Qui tra gente che vive di agricoltura e pastorizia di sussistenza o poco più, e che segue le notizie nazionali e oltre via radio, o con qualche raro televisore e con pochissimi che leggono i quotidiani nazionali, si è al corrente della malattia venuta dalla Cina e che ha colpito specialmente l’Italia. Ma senza tanto sentore di pericolo. Subito però si è obbedito alle Autorità civili e religiose, astenendosi dal frequentare chiese, moschee e raduni delle innumerevoli sette.
La gente comune ha accolto con serena tranquillità anche l’odine tassativo del Coprifuoco dalle sette di sera (l’ora che qui all’equatore segna l’inizio della notte col buio) sino al sorgere del sole. Dal giornale Daily Nation di oggi 09/04, risulta che in Kenya, (pur essendo il 15° paese più colpito dal virus sui 51 del Continente) ci sono al presente 179 positivi, 6 morti e 9 guariti.
Dunque come dice qualcuno pessimista, il peggio deve ancora arrivare, mentre gli ottimisti dicono che la razza nera presenta più resistenze di quella bianca, sarebbe meno attaccabile ed esposta…ma sono solo punti di vista per ora.
In Africa, luogo di siccità, fame, cavallette come in questo tempo anche in Kenya, nell’Africa che vede centinaia di migliaia morire ogni anno per la malaria, col diabete galoppante, con la tragica incombenza dell’Ebola, con una mortalità infantile da brivido, anche il Coronavirus deve mettersi in coda prima di allarmare più di tanto. È certo che la capacità africana di sopportare disgrazie, dolore, privazioni e morte non è paragonabile a quella della gente bianca in genere.
Qui in Nyandarua non ci sono ancora casi conclamati. Più preciso potrebbe essere don Sandro Borsa che dal North Kinangop Catholic Hospital che dirige, ha un punto di osservazione privilegiato. Comunque da quanto so nel nostro N.K.C.Hosp. sono in fase di allerta e hanno già predisposto delle Intensive care Units e luoghi per l’isolamento. Ma mi sembra che a tutt’oggi non abbiano la possibilità di far tamponi o di distribuire mascherine protettive. Sino ad ora non ho visto nessuno circolare con la mascherina e nemmeno io ce l’ho, anche perchè introvabili.
Il Presidente Uhuru Kenyatta, figlio della terza moglie del Padre della Patria, morto nel 1978, ha disposto il lock-down (chiusura) della metropoli di Nairobi e delle zone periferiche attorno. Ma come sarà possibile chiudere le varie baraccopoli piene di gente che vive alla giornata di espedienti e di lavori saltuari e in una miseria indescrivibile e in una promiscuità tragica? Se l’infezione farà il suo corso come nei paesi Europei o come in America, qui ci sarà di certo un disastro umanitario che travolgerà tutto. Anche ora l’Economia del paese è quasi al collasso.
Gli Ospedali non hanno nè mezzi sanitari nè personale formato e competente per far fronte ad una evenienza così inaspettata e dirompente. Le forze di Sicurezza, (Polizia stradale, amministrativa o anticrimine) possono fare molto poco. Prova ne è che le varie gang criminali stanno avendo un revival approfittando del coprifuoco e della gente chiusa in casa e non circolante e dei pochi controlli. E la corruzione stessa sta dilagando, con i milioni di mascherine donate dalla Cina e da altre nazioni, spariti, volatilizzati. E le mascherine al mercato nero costano mezzo salario di un operaio medio quasi.
Comunque per ora noi quattro preti italiani in questa Diocesi di Nyahururu stiamo bene. Il Vescovo emerito Mons. L. Paiaro rimane nella sua casetta appartata, anche perchè le vecchie gambe non gli fanno più un buon servizio, accudito dalle Suore Dimesse. Don Sandro Borsa è sempre super impegnato e sempre con tanti progetti per l’Ospedale di North Kinangop. Ha sospeso sin da subito la venuta di volontari, medici e altri professionisti. Sempre sulla breccia e sempre sereno e gioviale dono del suo fortunato carattere. E poi c’è don Giacomo Basso, nostro amico fraterno di Venezia che porta avanti un egregio lavoro nella Parrocchia di Ol’Moran , nella periferia della Diocesi, nel Distretto del Laikipia. E poi ci sono io a Weru, periferia opposta del Kinangop, terre alte e fredde e piovose, con strade da incubo in questo periodo di piogge ininterrotte dall’ottobre scorso. Ma tutti e quattro ci sentiamo ogni tanto e ci teniamo su. E abbiamo fiducia nel futuro che appartiene solo al nostro Datore di Lavoro, il Cristo Risorto.
don Vittorio Grigoletto