Il 24 dicembre Papa Francesco aprirà ufficialmente il Giubileo 2025. Alle 19 è previsto il rito di Apertura della Porta Santa della Basilica Papale di San Pietro e a seguire si celebrerà la Santa Messa della notte di Natale. Molti sono gli appuntamenti che accompagneranno i fedeli lungo tutto l’Anno Santo, fino al 6 gennaio 2026.
Per il Giubileo l’invito del Papa è quello di cancellare il debito estero dei Paesi più poveri, come strada da seguire per giungere alla pace.
Serve una nuova architettura finanziaria internazionale
“Cancella il debito – cantava Jovanotti poco meno di 25 anni fa, in occasione del Giubileo del 2000 – Approfittiamo del Giubileo per ripartire da zero”.
L’appello, partito allora da papa Giovanni Paolo II, chiedeva ai Paesi ricchi e alle istituzioni multilaterali, Fondo monetario e Banca mondiale, di cancellare quei debiti ingiusti contratti nel corso degli anni dai Paesi più poveri con l’accumularsi di interessi esorbitanti.
Nel 2005 furono cancellati debiti per 40 miliardi di dollari, fino ad arrivare negli anni successivi a 130 miliardi di dollari. “Non tutti i debiti vennero cancellati e non tutti i Paesi videro soddisfatta la loro richiesta. Ma molti Stati, in questo modo, furono in grado di investire maggiori risorse in servizi come l’istruzione e la salute pubblica” – spiega l’attivista ed economista Tim Jones – “20 dei 52 Paesi per cui avevamo ottenuto la cancellazione del debito ora si trovano in una situazione persino peggiore rispetto a quella del 2000”.
Per questo oggi papa Francesco ha fatto suo l’appello del predecessore, in vista del prossimo Giubileo 2025, che prenderà ufficialmente il via il 24 dicembre con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro. “Ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del Sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso – spiega papa Francesco – Per cercare di spezzare il ciclo finanziamento-debito sarebbe necessaria la creazione di un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia dei popoli, che tenga conto del significato globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali”. Per questo il Pontefice invita a pensare a “una nuova architettura finanziaria internazionale che sia audace e creativa”, a soluzioni ispirate a principi di giustizia e di solidarietà, agendo in buona fede e nella verità e seguendo un codice di condotta internazionale con standard di valore etico che tutelino le negoziazioni. Insomma, non un “semplice” cancella il debito, ma un cambiamento a monte che permetta di uscire da questo meccanismo.
Non è utopia, il Giubileo è profezia
Nella Bolla di indizione Spes non confundit del 9 maggio scorso, Papa Francesco scriveva: “Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia, aggravata oggi da una nuova forma di iniquità di cui ci siamo resi consapevoli: c’è infatti un vero debito ecologico, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi. Come insegna la Sacra Scrittura, la terra appartiene a Dio e noi tutti vi abitiamo come forestieri e ospiti. Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace, impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati”.
Nella Bibbia il Giubileo ricorreva ogni 49 anni e prevedeva, tra le altre cose, anche la liberazione degli schiavi diventati tali per debiti non pagati. Per questo Luigino Bruni, economista, saggista e giornalista italiano, vicepresidente della Fondazione The Economy of Francesco, afferma su Avvenire che non c’è tempo più propizio di oggi per fare questa richiesta giubilare. Pur sapendo che magari nessuno risponderà all’appello, ma nella consapevolezza che proprio grazie a queste domande profetiche la civiltà umana cresce nel suo senso etico, anche quando nessuno risponde.
“Il Giubileo non è utopia: è profezia – spiega Bruni – L’utopia è il non-luogo; la profezia è invece un “già” che indica un “non-ancora”, è un’alba di un giorno che deve ancora venire eppure è già iniziato. È Eskaton anticipato, un viaggio al termine della notte, una danza fino alla fine dell’amore. Sono state le domande profetiche del non-ancora che hanno cambiato il mondo; perché queste domande diventano paletti infilati nella roccia della montagna dei diritti e delle libertà umane e dei poveri. E domani qualcun altro potrà usare quella domanda di ieri per issarsi e continuare la scalata verso un cielo più alto di giustizia”.
Le testimonianze dei missionari: Guinea Bissau e Angola
Papa Francesco è andato oltre la richiesta di cancellazione del debito, indicando la necessità di un meccanismo che non generi più dipendenza. Così la pensa don Lucio Brentegani, missionario fidei donum in Guinea Bissau.
“La Guinea Bissau – ricorda il missionario all’agenzia di informazione Sir – ogni due mesi chiede un prestito alla Banca dell’Africa occidentale, una sorta di Banca centrale. Ma i soldi che incassa non servono a fare investimenti! Bensì a pagare i salari ai dipendenti”. Il governo paga quindi le spese correnti con i debiti generando altro debito e intrappolandosi sempre più in una situazione senza via d’uscita. “Quello contratto con Paesi terzi o con il Fondo monetario internazionale – secondo il fidei donum – è una forma di “colonialismo finanziario”. È una schiavitù”.
E poi c’è l’Angola, uno dei Paesi più indebitati al mondo. “Il 60% del nostro Pil viene usato per il servizio sul debito – spiega padre Júlio Candeeiro, missionario domenicano a Luanda – E gran parte di questi debiti sono contratti con la Cina”. Più il Paese cresce, dal punto di vista macroeconomico, più la povertà esplode, si legge su Sir. Più aumentano gli investimenti nelle miniere di diamanti e giacimenti di petrolio, più le comunità perdono terra, lavoro e dignità. Per questo “ancora più importante è smontare il meccanismo della corruzione che è a monte. Non possiamo fare affidamento sulla buona volontà dei singoli, bisogna cambiare il sistema”. Il giacimento di Luele è il più grosso deposito di diamanti del Paese, in grado di produrre 628 milioni di diamanti nell’arco di 60 anni. Ma per la gente comune, la vita finisce quando inizia lo sfruttamento minerario. La gente viene sfrattata, la terra confiscata. I ricavi delle multinazionali dei diamanti finiscono nelle casse dello Stato che usa il denaro per nuovi investimenti e per pagare i debiti. Un meccanismo perverso che solo nuove regole internazionali e prestiti più equi potrebbero in parte risolvere e risanare.
Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace
Tra le 26 economie più vulnerabili del mondo troviamo 22 Paesi africani, più Afghanistan, Corea del Nord, Siria e Yemen. In questi Paesi vive il 40% della popolazione mondiale, il debito pubblico si attesta in media al 72% del Pil e due terzi di questi Paesi sono coinvolti in conflitti. Il primo gennaio 2025, a pochi giorni dall’apertura della Porta Santa, si celebrerà, come ogni anno, la Giornata Mondiale della Pace e il messaggio scelto da Papa Francesco è: “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”.
“È un invito che si può leggere sia a livello individuale che politico e internazionale” – spiega Riccardo Moro, presidente del C7 e docente di politiche per lo Sviluppo alla Statale di Milano sul tema della prossima Giornata Mondiale della Pace.
“Siamo chiamati a costruire buone relazioni nelle famiglie, nei condomini, nel lavoro, nel tempo libero, in tutti gli ambiti della vita. E per fare questo dobbiamo essere pronti a rimettere agli altri i loro “debiti”, cioè perdonarci reciprocamente i difetti e le mancanze”. Ma c’è una dimensione che va oltre e che rimanda proprio alla remissione del debito estero dei Paesi più poveri.
“Anche se non sempre ci si fa caso – continua Moro su Avvenire – parole come debito e credito sono concetti che hanno a che fare con la relazione. Fare credito significa concedere fiducia a qualcuno. Ciò che io ti presto sono sicuro che lo utilizzerai al meglio e me lo restituirai secondo le regole che abbiamo stabilito. D’altro canto il debito evoca l’idea di sentirsi in dovere di onorare l’impegno preso, restituendo ciò che ci viene prestato. Quindi, quando parliamo di debiti e crediti, parliamo di fiducia e responsabilità, due elementi fondamentali delle relazioni umane. Il conflitto nasce anche dalla rottura di queste relazioni umanizzanti, che quando avviene a livello di Stati può portare fino alle guerre”.
A cura di Elena Cogo