Riconoscersi nell’altro
Dopo tanti inviti quest’anno abbiamo finalmente deciso di partecipare al Missio Meeting Giovani, come coppia. Non sapevamo davvero cosa aspettarci, ma non appena siamo arrivati, abbiamo subito sentito che si respirava un’aria diversa…è stato come essere catapultati in una “mini-GMG”; un mix di colori, musica, persone, visi giovani e un po’ meno giovani, ragazzi che improvvisavano balli africani coinvolgendo altre persone subito il pensiero è stato: “ma che bella festa!”
Sì! Questo meeting è stato davvero una bella festa! Un ritrovo di persone, di giovani carichi di voglia di dire che esiste un modo diverso di “essere umani”, un modo in cui la diversità è un valore e dove alla paura non si risponde con l’odio, ma con la Speranza.
È stato emozionante ascoltare l’esperienza di John Mpaliza che da sei anni gira l’Europa a piedi per sensibilizzare persone e istituzioni sul dramma del popolo congolese, il suo popolo, oppresso da decenni di violenze e instabilità, e che nonostante viva in Italia da 26 anni è, ancora oggi, spesso costretto a sentirsi dire “torna a casa tua!”; o la storia commovente di Suor Gabriella Bottani, coordinatrice della rete internazionale Talitha Kum, che si batte ormai da anni per contrastare la tratta degli schiavi (sì, la schiavitù è ancora una realtà per oltre 21 milioni di persone nel mondo, specialmente donne e bambini). Gli occhi di Suor Gabriella parlavano da soli; sono occhi che hanno visto la sofferenza più grande, l’annientamento dell’umanità, ma che, forse proprio per questo, esprimono la tutta la forza della Speranza che, forte della Fede, ci permette di far sì che sia ancora l’Amore ad avere l’ultima parola. E infine Nicolò Govoni, che con la forza e la caparbietà dei suoi ventisei anni ha raccontato, insieme ad Elisa Bonollo, che ormai da qualche anno collabora con Still I Rise (la ONG fondata da Nicolò), l’esperienza di provare a ridare, attraverso l’istruzione, una speranza (sì, ancora lei…) di futuro ai minori del campo profughi sull’isola greca di Samos, in terra europea, nell’Occidente “civile”, dove però le condizioni di vita sono tutto fuorché civili, nell’indifferenza del mondo e delle istituzioni, anche e soprattutto europee.
Nel pomeriggio, dopo un’adeguata scorpacciata di magnifiche tigelle, abbiamo scelto di partecipare al laboratorio dell’associazione “Non dalla guerra” che dal 2014 mette insieme giovani che, dopo aver vissuto un’esperienza estiva nei campi profughi in Giordania sentono di dover fare qualcosa, di dover far conoscere e comprendere questa realtà, per non rimanere indifferenti.
Tante storie, tante vite, tante esperienze, tutte accomunate da una stessa spinta ad uscire da se stessi e riconoscersi nell’altro, nelle sue sofferenze come nelle sue gioie, lasciando che l’altro si riconosca in noi, senza la pretesa di salvare nessuno, ma con la consapevolezza che, quando una relazione è fondata sull’Amore, è sempre di più ciò che si riceve che ciò che si dà.
Ci portiamo a casa la consapevolezza che davvero le nostre piccole scelte di vita, di acquisto e di consumo responsabile, di partecipazione attiva alla vita sociale e politica, ma anche nello stile di comunicazione (virtuale o reale che sia), possono fare la differenza, possono essere quel seme che ci rende “pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15).
Matteo e Giorgia