La libertà di stampa termometro di salute di un Paese

La libertà di stampa, insieme alla libertà di essere informati, è il termometro della salute democratica di un Paese” ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa il 3 maggio scorso.

Libertà di stampa, del pluralismo e dell’indipendenza dei media come elementi fondamentali di democrazia e rispetto dei diritti umani. 

Proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1993, su raccomandazione della Conferenza Generale dell’UNESCO, la Giornata mondiale della libertà di stampa viene celebrata il giorno dell’anniversario della Dichiarazione di Windhoek (Namibia, 1991), frutto del seminario per l’indipendenza e il pluralismo della stampa africana.

L’obiettivo della Giornata è duplice: ricordare ai governi la necessità di rispettare il loro impegno per la libertà di stampa e invitare i professionisti dei media a riflettere sui temi della libertà e dell’etica professionale.

Reporters sans frontières https://rsf.org/en/index

Norvegia la migliore. Italia al 58° posto. Corea del Nord a chiudere.

Reporters sans frontières stila ogni anno la classica sulla libertà di stampa mondiale, prendendo in esame 180 Paesi. Nel podio troviamo Norvegia, Danimarca e Svezia. Più sotto Estonia, Finlandia, Irlanda, Portogallo, Costa Rica. Sono questi i soli 8 Paesi che rientrano in una situazione definita “buona”, contraddistinti nella mappa dal colore verde.

Al 14° posto Svizzera, al 16° Germania, al 24° Regno Unito, al 26° Francia, al 31° Austria, subito seguita da Spagna. Gli Stati Uniti si trovano al 42° posto, ancora nell’area caratterizzata da una situazione “soddisfacente” (giallo).

Per trovare l’Italia bisogna scendere nell’area “problematica” (arancione chiaro) al 58° posto, con 17 posizioni in meno rispetto all’anno precedente. Andando ancora più giù troviamo una situazione “difficile” (arancione scuro) e successivamente una “grave” (rosso scuro) che comprende ben 28 paesi. Tra questi Russia al 155° posto, Siria al 171° subito seguita da Iraq e Cuba, Cina al 175° posto. A chiudere la lista: Iran, Eritrea e Corea del Nord. Qui la classifica completa con tutti i dettagli https://rsf.org/en.

Tra fake news e propaganda politica

Oltre ai numeri, è interessante leggere l’analisi dei dati che fa Reporters sans frontières che parla di effetti disastrosi dovuti alla disinformazione e a un vero e proprio “caos informativo” che incoraggia fake news e propaganda.

Un esempio concreto viene dall’attuale conflitto in atto: sappiamo bene quanto l’invasione dell’Ucraina (106°) da parte della Russia (155°) proceda di pari passo con una guerra di propaganda, iniziata ancor prima del conflitto e che continua ancora oggi in un crescendo continuo. Qui, al di là delle tragedie umane, le conseguenze per la libertà di stampa sono devastanti. Fin dall’inizio le fonti di informazione sono state prese di mira, l’esercito russo ha cercato di imporre la cooperazione dei media locali, mentre il governo ha preso il controllo completo dell’informazione aumentando la censura e perseguendo i giornalisti che non si adeguano.

La guerra di propaganda va anche oltre i confini nazionali. In Bielorussia (153°) i giornalisti indipendenti continuano a essere perseguitati. I governi dell’Asia centrale fanno pressione sui media per fornire una copertura più “neutrale” del conflitto. In Turkmenistan (177°), uno dei paesi più chiusi del mondo, i media sono tutti controllati dal governo e ignorano la guerra.

Giornalisti uccisi nel corso del 2022 nel mondo e attualmente in prigione. Reporters sans frontières https://rsf.org/en/barometer

Uno sguardo al mondo

Come si legge nel rapporto, in Africa la libertà di stampa ha molte sfaccettature, dall’abbondanza di media in Senegal (73°) e Sudafrica (35°), al silenzio assordante di Eritrea (179°) e Gibuti (164°). A lungo soffocato dalle dittature, il panorama dei media si è aperto in varia misura in paesi come Angola (99°), Zimbabwe (137°) ed Etiopia (114°) ma, nella maggior parte dei casi, la repressione dei giornalisti dissidenti persiste.

La situazione della stampa in Nord Africa non è mai stata così preoccupante. Quattro paesi presentano condizioni particolarmente allarmanti: Algeria (134°), Marocco (135°), Libia (143°) e Sudan (151°). Molti giornalisti sono stati imprigionati e perseguiti, alcuni siti di notizie, come anche pubblicazioni critiche nei confronti del governo, sono stati bloccati.

Ancora molta strada da fare anche in Medio Oriente. Nel 2021, diversi giornalisti sono stati uccisi, sono aumentati attacchi online e minacce di morte. Tra i paesi più pericolosi per la stampa, Libano (130°), Yemen (169°), Arabia Saudita (166°), Turchia (149°), Iran (178°). La mancanza di libertà di stampa in Medio Oriente continua ad avere un impatto sul conflitto tra Israele (86°), Palestina (170°) e gli stati arabi.

In America Latina la pandemia ha accelerato l’aumento della censura, già a livelli preoccupanti, oltre a causare difficoltà economiche alla stampa. Il Messico (127°), dove almeno sette giornalisti sono stati assassinati nel 2021, rimane il paese più letale del mondo per i media e si colloca al 179° posto su 180 nell’indicatore di sicurezza. Il Costa Rica rimane l’eccezione e si piazza all’8° posto nella classifica.

La polarizzazione dei media sta rafforzando le divisioni sociali interne anche nelle società democratiche come gli Stati Uniti (42°), che mantengono irrisolti certi problemi cronici relativamente alla stampa.

A causa della politica di controllo assoluto dell’informazione da parte dei governi, in Asia la libertà di stampa è peggiorata drammaticamente, come evidenziato anche da due eventi importanti. Il colpo di stato militare del 2021 in Birmania (176°) ha portato a una durissima repressione dei giornalisti. Mentre la presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan (156°) ha ulteriormente peggiorato le condizioni dei reporter e delle organizzazioni di stampa, che sono diventati bersaglio di intimidazioni e violenze. La Cina (175°), uno dei regimi autocratici più repressivi al mondo, usa la legislatura per isolare la popolazione dal punto di vista dell’informazione, l’effetto è tragico soprattutto nel Paese di Hong Kong, che scende dall’80° posto al 148°. Anche il Myanmar evidenzia un grave peggioramento passando dal 140° posto al 176° in seguito al colpo di stato del febbraio 2021.

Infine, in Europa ci sono disparità significative tra un Paese e l’altro. Se da un lato occupa i primi posti della classifica, dall’altro si segnalano giornalisti uccisi in Grecia (108°) e nei Paesi Bassi (28°), oltre che ostilità violente contro le misure di salute pubblica volte a combattere il coronavirus in Germania (16°), Francia (26°) e Italia (58°). Inoltre certi governi hanno intensificato leggi contro i giornalisti, soprattutto in Slovenia (54°), Polonia (66°), Ungheria (85°), Albania (103°). Ci sono anche esempi positivi, è il caso di Moldavia, che sale dall’89° al 40° posto, e Bulgaria, dal 112° al 91°, in entrambi i casi grazie a un cambiamento nella situazione politica interna.

Giornalisti uccisi e imprigionati nel corso del 2021 nel mondo e l’andamento negli anni. Reporters sans frontières https://rsf.org/en/barometer

Premio Unesco all’Associazione dei giornalisti della Bielorussia

Ogni anno, in occasione della Giornata Mondiale del 3 maggio, viene assegnato il premio UNESCO per la libertà di stampa intitolato a Guillermo Cano Isaza, il giornalista colombiano assassinato il 17 dicembre 1986 a Bogotà, davanti agli uffici del suo giornale El Espectador.

È un riconoscimento che premia i contributi eccezionali alla difesa o alla promozione della libertà di stampa, in particolare di fronte al pericolo. Come spiega il direttore generale dell’UNESCO Audrey Azoulay: “Per venticinque anni, il Premio UNESCO/Guillermo Cano ha attirato l’attenzione del mondo sul coraggio dei giornalisti che hanno mostrato sacrificio di sé nella loro ricerca di verità e trasparenza. Ancora una volta, il loro esempio ci ispira e ci ricorda l’importanza di garantire che i giornalisti, ovunque si trovino, possano lavorare liberamente e in sicurezza“.

Quest’anno il premio è stato assegnato all’Associazione dei giornalisti della Bielorussia (AJB).

Fondata nel 1995 come associazione non governativa di lavoratori dei media, con l’obiettivo di promuovere la libertà di espressione e il giornalismo indipendente in Bielorussia, l’associazione riunisce più di 1300 giornalisti ed è membro della Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) e della Federazione europea dei giornalisti (EFJ). Nell’agosto 2021, dopo una perquisizione della polizia nei suoi uffici, la Corte Suprema della Bielorussia ha ordinato lo scioglimento di questa organizzazione, su richiesta del Ministero della Giustizia.

 

A cura di Elena Cogo

Foto copertina, credit lusakatimes.com/Wikipedia